sabato 28 agosto 2010

the little tech theatre

Un giorno Anna Fici mi chiese di realizzare una copertina per il suo nuovo libro "Leggere e scrivere i media". Quando le inviai la prima cosa che mi venne in mente non ottenni una risposta, lei mi inoltrò direttamente la copertina con la mia immagine. Poco tempo dopo mi propose di partecipare con delle foto a tema alla presentazione-spettacolo del volume

photo gallery

The little tech theatre porta in scena, con toni leggeri e divertiti, la complessità dei rapporti tra l’uomo e la tecnologia, le difficoltà di una rivoluzione digitale che incide sulla sfera sociale e privata in modo fin troppo invasivo.

Un percorso simbolico fra gli oggetti di cui non possiamo più fare a meno: telefoni cellulari, tastiere ultrasottili, display a cristalli liquidi, fotocamere digitali.
Ciascuna di queste fotografie intende raccontare un episodio ispirato ai quotidiani conflitti con la tecnologia che, se da un lato libera le nostre possibilità di comunicazione, dall’altro ci incatena attraverso una sottile assuefazione all’uso di internet, sms, chat, email, social networks.

La convergenza digitale ha cambiato irreversibilmente le nostre abitudini. Ci siamo evoluti in esseri simbionti che portano al collo la propria unità di accesso al flusso della comunicazione globale. Ciò che una volta era un semplice radiotelefono portatile è ora computer, apparecchio televisivo, macchina fotografica, radio ma anche i-pod, agenda elettronica, lampada tascabile.
Una specie di siringa tecnologica in grado di iniettare nei nostri cervelli dosi sempre più massicce di informazioni ridondanti, spesso inconsistenti o superflue.

Ma navigare nel flusso provoca assuefazione, sicché le alternative sono sindromi da astinenza - quando il telefonino è scarico o quando si interrompe la connessione ad internet - o di overdose – quando si trascorre l’intera giornata, al lavoro e nel tempo libero, a guardare un display o a parlare in un microfono.
Questo piccolo teatro tecnologico affronta e denuncia lo stress da new media e la compulsività digitale. Immagini crude ma complesse, oniriche eppure estremamente reali, raccontate con un tono ironico e dissacratorio, dal sapore surreale.

Una metafora dell’uomo post-postmoderno, simbionte bionico connesso e globalizzato che finisce per pagare l’illusione della libertà di comunicare con il peso schiacciante di un immenso flusso d’informazioni.
Imprigionato da catene che solo per definizione sono virtuali.

photo©silviaz.com

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