domenica 19 settembre 2010

I Park Art: il parcheggio diventa galleria, teatro, evento

Esposizioni improvvisate e coloratissime, performance surreali e una lunga fila di passanti curiosi. La prima edizione di I Park Art ha movimentato il pigro sabato pomeriggio nel cuore di Palermo. Venticique artisti hanno letteralmente "parcheggiato" se stessi e le proprie opere sulle strisce blu adibite al posteggio delle auto.

Tramite il regolare acquisto del tagliando, scultori, pittori, fumettisti, performer, body-painter e fotografi hanno potuto occupare il suolo pubblico per esprimere la propria creatività ed avere la possibilità di esporre i propri lavori ai passanti. L'iniziativa, completamente autogestita e senza scopo di lucro, è stata un grande successo, soprattutto per una città come Palermo, considerata la proverbiale lotta quotidiana alla ricerca di un parcheggio. Come conferma Marianna Ippolito, dell'Associazione Errecubo organizzatrice dell'evento: "L'iniziativa si è svolta in molte città internazionali come Parigi, Lima, Città del Messico, Milano, Roma. Il maggiore successo finora  si era registrato in Francia, con la partecipazione di 20 artisti. Qui a Palermo abbiamo fatto meglio, siamo venticinque" (segue..)

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domenica 12 settembre 2010

Storie di cervelli in fuga - Loredana

Una volta tanto il presidente del consiglio una cosa vera l'ha detta: "I giovani italiani, per affermarsi, non devono avere paura di andare all'estero". Non sa che la paura non è neppure un'opzione. I giovani, semplicemente, non hanno altra scelta

Caro diario,
sono andata via da Napoli nel 2006, per non tornarvi mai più. La scelta di lasciare la mia città non è stata così ardua in fondo. Avevo ormai 35 anni, una vita sfiancata dalla paura della fame alle mie spalle e nessun lavoro stabile all'orizzonte. Nessuno dei miei amici era rimasto in città: nel corso di quindici anni sono partiti tutti per cercare lavoro altrove. Anche il mio ragazzo mi aveva lasciata, spaventato proprio della mia instabilità lavorativa.

Grazie alla mia laurea in Lingue e letterature straniere moderne (olandese, inglese, spagnolo), la specializzazione in Linguistica e Glottodidattica e il master in Traduzione letteraria ottenuto all'università Lessius in Belgio, ero riuscita a lavorare saltuariamente in Italia come guida turistica. Ma anche per ottenere questo impiego sottopagato e in nero mi ero dovuta piegare e chiedere aiuto (si fa per dire) a qualcuna delle mie "conoscenze".  Tuttavia, nonostante la mia preparazione, non sono mai riuscita a trovare lavoro come insegnante e continuavo a vivere da sola, sempre nell'incertezza, sempre nella paura.

La goccia che fece traboccare il vaso fu il fatto che dopo avere tradotto ed essere riuscita a pubblicare un libro grazie ad un progetto con un ente olandese (In Europa, di Geert Mak), compresi come andavano realmente le cose in Italia: non solo si è sottopagati ma non importa l'impegno che ci metti, né quanto sei bravo. A fine progetto continuavano a lavorare solo pochi traduttori "designati", ovvero sempre gli stessi nomi. Un modo chiuso, come per me è ora l'Italia.

Quando sono partita per l'Olanda non avevo nulla, a parte il bagaglio culturale che avrebbe dovuto aiutarmi a trovare un buon lavoro insieme ad una discreta conoscenza  della lingua. Anche se ritardato, il mio progetto di vita poteva finalmente cominciare. L'inizio non è stato facile, il clima faceva schifo e gli olandesi non m'ispiravano molta simpatia. Ma quel poco che ho avuto, l'ho avuto dall'Olanda: tanto per cominciare, un appartamento in cui abitare, che non era il massimo ma costava poco e mi era stato assegnato per via di un piccolo handicap da cui ero afflitta. Dopo poco ho cominciato a ricevere offerte di lavoro e ad affrontare colloqui, cosa per me del tutto nuova. Altro aspetto piacevole ed inaspettato, le proposte romantiche degli uomini, cosa che in Italia (perlomeno a Napoli) non mi capitava da quando avevo superato i 30 anni. Sembrava dunque un buon inizio...

Sono subito entrata nel giro dei call center e ho cominciato a lavorare con esiti mediocri in questo nuovo girone degli accidiosi dell'inferno dantesco, prima al desk e poi come coach e trainer (non pagata). Ho lavorato anche come guida turistica. Sembrava andare bene finché una folle mi ha licenziata. Credo abbia capito che ero brava davvero (almeno quella è l'unica spiegazione che riesco a darmi). Ora cerco lavoro come docente sperando di riuscire a farmi convalidare la laurea italiana che qui non serve a nulla.

In Olanda la recessione economica non esiste: un'infinità di lavori, un sacco di soldi in giro, i prezzi sono gli stessi, i salari (quelli degli olandesi) sempre alti, le statistiche non sembrano cattive. Sì, si sente parlare di crisi, ma forse la cosa riguarda solo le ditte straniere. Quello che so è che io cerco ancora lavoro. Del resto, se la tua azienda ti lascia fuori a 39 anni diventa difficile trovare una nuova occupazione.

Ma non tornerei mai Italia, dove si fa la fame! Al mio paese penso ormai come a un piacevole luogo di vacanza. Però mi manca l'affabilità della gente, la cortesia, mi manca soprattutto quell'essere considerata con rispetto, con simpatia. In Olanda ho spesso la sensazione di essere solo "la straniera". Magari è solo una sensazione.

--The brain drain diaries raccoglie testimonianze reali di italiani all'estero--


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sabato 11 settembre 2010

Molestie verbali in strada, la rivincita delle donne è solo virtuale

In un episodio della serie Sex and the city, una delle protagoniste è infastidita da un operaio in strada che più volte le rivolge proposte indecenti. Esasperata, gli si avvicina con fare intimidatorio e gli urla in faccia in maniera altrettanto volgare incoraggiandolo a passare all'azione. L'uomo, evidentemente italoamericano, risponde imbarazzato: "Ci vada piano signora, sono sposato". Il più delle volte basta rispondere a tono per mettere in fuga il "macho a parole".

In un paese come il nostro, in cui il mito dello sciupafemmine è duro a morire, non sorprende dover constatare quanto la pratica della molestia verbale sia diffusa. Mi sono sempre e sinceramente chiesta se questi approcci abbiano mai suscitato l'esito sperato, diciamo dalla preistoria in poi. A me sembra che la maggior parte delle donne tenda ad ignorare chi li emette ma per qualcuna la situazione può diventare insostenibile e allora un apprezzamento non gradito può costare la vita al malcapitato.

Almeno così capita nella realtà virtuale. Sembra abbia suscitato polemiche l'uscita di "Hey baby", il videogame in cui un'eroina uccide a sangue freddo chiunque infastidisca le passanti. Tutto è nato dall'ironia di una studentessa canadese che, esasperata dagli uomini che la apostrofavano in metropolitana, ha deciso di vendicarsi ideando un gioco tradizionalmente maschile in cui ai maschi si spara senza esclusione di colpi.
I detrattori del gioco - ovvero coloro che si sono offesi - pongono la questione sul rischio di mettere sullo stesso piano un maldestro complimento, l'attività di uno stalker o peggio ancora uno stupratore. Si può cautamente affermare che ogni donna possieda una discreta capacità di distinguere i commenti, per quanto pesanti (caso in cui il lanciafiamme proposto dal videogame sembra francamente eccessivo) dalle molestie vere e proprie (segue...)