lunedì 7 febbraio 2011

Storia di un'integrazione (im)possibile

Lo incontro in viale delle scienze, un picciotto sui vent'anni, come ce ne sono a migliaia all'università di Palermo. Accento tipico, taglio di capelli alla moda,  una faccia simpatica che Berlusconi potrebbe definire “abbronzata”. Non si direbbe che che Leone Mario non è di queste parti. “Io mi considero italiano - racconta - anche se non ho ancora la cittadinanza per problemi burocratici”.

Nato nello Sri Lanka da famiglia cingalese, Leone Mario vive a Palermo da quando aveva tre anni. Italiano per cultura, esempio di perfetta integrazione, il ragazzo studia all'università e  fa l'istruttore di kick boxing ai bambini. Eppure, per la legge, non è ancora italiano. Nonostante abbia vissuto la maggior parte della sua vita - praticamente fin dall'asilo - nel nostro paese, è costretto a rinnovare il permesso di soggiorno ogni sei mesi.

In Italia, gli stranieri che risiedono legalmente almeno da dieci anni sul territorio nazionale possono ottenere la cittadinanza. Il ragazzo è a Palermo ormai da diciassette. In prefettura c'è la sua pratica, ancora aperta, e nessuno ha saputo indicargli una data precisa. "Ogni volta ce n'è una nuova, nuovi documenti da presentare, nuove file da fare, nuove tasse da pagare. Tutto sommato - conclude - allo stato conviene che continui a pagare una tassa ogni sei mesi piuttosto che dichiararmi cittadino".

L'episodio suscita più di un quesito ma non stupisce, visti i provvedimenti recentemente presi da sindaci leghisti che hanno portato ad affamare bambini (casualmente extracomunitari e in difficoltà). L'integrazione comincia a scuola  e casi come quello di Leone Mario rappresentano ciò che in materia di immigrazione la Lega teme di più: il ragazzo è la dimostrazione del fatto che il melting pot è possibile ed è la vocazione che più si addice, per storia e tradizione, al nostro paese.

Oltre a fare l'istruttore il ragazzo ha lavorato come assistente e autista di un professore dell'università ormai in pensione. Un contratto a tempo indeterminato e pagamento di contributi Inps, "i documenti che servono, perché ho capito che non frega niente a nessuno se studio o meno”.

Nonostante le comprensibili enormi difficoltà che affronta un ventenne che lavora a tempo pieno e desidera anche studiare, i documenti non sono serviti: la pratica non è andata avanti. "Prima mi hanno detto che se non trovavo un lavoro sarei andato via dall'Italia. Ho fatto tanta fatica e tanti sacrifici, sono riuscito a lavorare e studiare contemporaneamente ma non è bastato, mi hanno detto seccamente che dovrò rinnovare il permesso di soggiorno entro fine agosto. A livello psicologico è stato devastante".

Nel suo quartiere, lo Zen, Leone Mario in passato ha dovuto sopportare qualche episodio di razzismo "è scuro, mi dicevano, e partiva la presa in giro.  Ci stavo male, non sono di qui, sono diverso, mi sono detto. Poi però ho avuto modo di conoscere delle persone eccezionali che questa differenza di colore non la ritenevano importante. Perché mi consideravano parte del gruppo".

Con buona pace di chi sostiene che l'Italia non è un paese multietnico.