domenica 24 ottobre 2010

Corleone vs Soprano, the gangster stereotype still affect Italian American identity

Loud, vain, overweight, rude. Terrible weakness for gambling and gluttony. Easily corrupted gangsters, thieves and liars who strongly emphasize family ties while they can't stand each other and backstab constantly. Popular mithology and unfair stereotypes about the Italian American community have deep roots.

Though similar gangster stories have been told before in films, tv drama and games, "Mafia II" has recently hit a nerve with the US's largest Italian American heritage foundation. The popular action game was accused of "inappropriate and insulting perpetuation of the pervasive and denigrating stereotype of organized crime being the exclusive domain of Italian Americans".

Good people in real life far outnumber any bad apples: throughout the United States history, Italian Americans have made significant contributions in the Arts, in the field of education, science and innovation. Not to mention show business, sports, politics. The current Speaker of the United States House of Representatives Nancy Pelosi has Italian origins. Geraldine Ferraro, whose parents were Italian, was the first woman vice presidential candidate for a major American political party (segue..)

photo©silviaz.com  

venerdì 15 ottobre 2010

salviamo il congiuntivo

Si sente parlare da tempo della poca familiarità dell'italiano medio con il congiuntivo e dell'uso sempre meno frequente che se ne fa. Scommetto che chiunque ne ha almeno sentito parlare alle elementari. Sapete, quel tempo che si usa solitamente per esprimere ipotesi o dubbio quando la frase subordinata è retta da congiunzioni come - che, se, perché, affinché e così via.

La sindrome dell'impossibilità a coniugare il congiuntivo viene ironicamente definita "congiuntivite" ed è motivo di crescente preoccupazione fra i letterati che temono un progressivo imbarbarimento della nostra elegante lingua madre. Appelli, proteste, studi. C'è anche un blog, "salviamo il congiuntivo".

Però devo proprio dirvelo, o letterati, siamo messi male. Mi è capitata una cosa che mi ha fatto capire quanto ormai ci trovamo di fronte a un punto di non ritorno. Mentre parlavo utilizzando un registro certo non aulico ma senza dubbio grammaticalmente corretto, il mio interlocutore mi ha interrotta per correggere..un congiuntivo. Sì, per suggerire al suo posto un banalissimo tempo presente. Non credevo alle mie orecchie. Mi era già capitato in passato di notare sguardi perplessi quando si sceglie di usare un corretto uso della lingua al posto dello slang da chat, ma questo era un fatto nuovo, un segno rivelatore.

L'uso quotidiano della lingua che tutti noi facciamo si è dunque definitivamente  imposto sulla nostra grammatica. E' così che si modificano le lingue e ho proprio paura sia un processo irreversibile. Se ritenuta idonea dalla maggior parte dei parlanti, allora la modifica sarà adottata. Con buona pace dei puristi delle lingue e dei nostalgici (inclusa me) che si ostineranno ad usare il vecchio e desueto congiuntivo almeno per un po'.

lunedì 11 ottobre 2010

Arte moderna sui muri di Architettura

In un mondo in cui tutti hanno perso la testa, c'è chi la cerca affannandosi e chi invece è felice e leggero senza. Toni surreali per le figure essenziali che affermano prepotentemente la propria esistenza nello spazio confinato, eppure reso magicamente tridimensionale, di un muro bianco. La città universitaria di viale delle Scienze a Palermo mostra la nuova opera d'arte realizzata dal collettivo Vira-lata sul muro d'ingresso dell'edificio 14 sede della facoltà di Architettura.

In portoghese Vira-lata significa "senza razza definita" ed è un aggettivo solitamente riferito agli animali. Non a caso, il simbolo del duo formato da Elena Gisbert e Rebeca Ros è proprio un cagnolino. Non è la prima volta che le  due ex studentesse dell'Accademia di Belle Arti di Valencia, in Spagna, collaborano con l'associazione culturale Punta Comune. Il presidente, Antonio Valguarnera, spiega come l'iniziativa sia nata da un'idea dei membri dell'associazione e da un suo personale obiettivo. "Il preside di Architettura Angelo Milone lì per lì non sembrava entusiasta dell'idea - racconta -  La comprensibile motivazione del suo scetticismo era il timore che altri potessero seguire l'esempio, ma senza autorizzazione. Abbiamo reso molto chiaro, scrivendolo in evidenza, il fatto che questo murales sia stato promosso dall'Università degli studi di Palermo". Sembra ragionevole: in fondo, piuttosto che imbrattare i muri, perché semplicemente non domandare l'autorizzazione per realizzare un'opera d'arte? (segue..)

photo©silviaz.com 

domenica 3 ottobre 2010

just a note

caro benedetto,

mi permetto di scriverti anche se non ci conosciamo. in fondo, visto che ti fai quasi quotidianamente i fatti nostri, sembra quasi naturale darti del tu. certo, non sono mai stata una cattolica modello, però sono una brava persona e non ho mai avuto nulla contro la chiesa né contro la religione, fino a pochi anni fa. devo proprio dirtelo benedetto, ci andavo anche in chiesa qualche volta, finché non ho conosciuto te. so che dormirai ugualmente stanotte ma volevo che sapessi. 

sono molto contenta che abbiano ripulito la città di palermo in occasione della tua visita. Hanno svuotato finalmente i tombini stracolmi di tusaicosa, sì quelli che esplodono ogni volta che piove; hanno potato gli alberi che coprivano i cartelli stradali causando incidenti e hanno anche sostituito le lampadine fulminate. ma soltanto dove passavi tu. sono un po' gelosa devo dire. sai, mi hanno investita sulle strisce pedonali la settimana scorsa in pieno centro e solo perché quella strada non era illuminata dalla luce della tua santità: da anni i lampioni sono spenti, kaputt. se solo fossi stata sul tuo percorso, forse non avrei rischiato la vita. ma non ti preoccupare, tutto sommato sono miracolata anche se non posso dire sia merito tuo.

quanto al tuo discorso di oggi, per quel che ne ho sentito, avrei una domanda: ma ci credi veramente a quello che dici? non sarai tanto ingenuo da pensare che la mafia sia qualcosa di alternativo, un universo parallelo. la mafia è un modo di pensare, uno stile di vita che si impone con la forza ad una intera collettività. qualcosa ti suona familiare, eh?

capisco che sei straniero e che la città del vaticano sarà una noia mortale ma credo proprio che qui a palermo la digos abbia cose ben più urgenti che fare sparire striscioni e locandine. e immagino avrà avuto un gran bel da fare oggi. ti rendi conto che non ha senso parlare di mafia con questi presupposti, vero?

mi piaceva gesù, a suo modo era un rivoluzionario.
tu sei un vecchio conservatore nel peggiore dei modi.
rassegnati, benedetto: non piaci a nessuno


domenica 19 settembre 2010

I Park Art: il parcheggio diventa galleria, teatro, evento

Esposizioni improvvisate e coloratissime, performance surreali e una lunga fila di passanti curiosi. La prima edizione di I Park Art ha movimentato il pigro sabato pomeriggio nel cuore di Palermo. Venticique artisti hanno letteralmente "parcheggiato" se stessi e le proprie opere sulle strisce blu adibite al posteggio delle auto.

Tramite il regolare acquisto del tagliando, scultori, pittori, fumettisti, performer, body-painter e fotografi hanno potuto occupare il suolo pubblico per esprimere la propria creatività ed avere la possibilità di esporre i propri lavori ai passanti. L'iniziativa, completamente autogestita e senza scopo di lucro, è stata un grande successo, soprattutto per una città come Palermo, considerata la proverbiale lotta quotidiana alla ricerca di un parcheggio. Come conferma Marianna Ippolito, dell'Associazione Errecubo organizzatrice dell'evento: "L'iniziativa si è svolta in molte città internazionali come Parigi, Lima, Città del Messico, Milano, Roma. Il maggiore successo finora  si era registrato in Francia, con la partecipazione di 20 artisti. Qui a Palermo abbiamo fatto meglio, siamo venticinque" (segue..)

photogallery

photo©silviaz.com

domenica 12 settembre 2010

Storie di cervelli in fuga - Loredana

Una volta tanto il presidente del consiglio una cosa vera l'ha detta: "I giovani italiani, per affermarsi, non devono avere paura di andare all'estero". Non sa che la paura non è neppure un'opzione. I giovani, semplicemente, non hanno altra scelta

Caro diario,
sono andata via da Napoli nel 2006, per non tornarvi mai più. La scelta di lasciare la mia città non è stata così ardua in fondo. Avevo ormai 35 anni, una vita sfiancata dalla paura della fame alle mie spalle e nessun lavoro stabile all'orizzonte. Nessuno dei miei amici era rimasto in città: nel corso di quindici anni sono partiti tutti per cercare lavoro altrove. Anche il mio ragazzo mi aveva lasciata, spaventato proprio della mia instabilità lavorativa.

Grazie alla mia laurea in Lingue e letterature straniere moderne (olandese, inglese, spagnolo), la specializzazione in Linguistica e Glottodidattica e il master in Traduzione letteraria ottenuto all'università Lessius in Belgio, ero riuscita a lavorare saltuariamente in Italia come guida turistica. Ma anche per ottenere questo impiego sottopagato e in nero mi ero dovuta piegare e chiedere aiuto (si fa per dire) a qualcuna delle mie "conoscenze".  Tuttavia, nonostante la mia preparazione, non sono mai riuscita a trovare lavoro come insegnante e continuavo a vivere da sola, sempre nell'incertezza, sempre nella paura.

La goccia che fece traboccare il vaso fu il fatto che dopo avere tradotto ed essere riuscita a pubblicare un libro grazie ad un progetto con un ente olandese (In Europa, di Geert Mak), compresi come andavano realmente le cose in Italia: non solo si è sottopagati ma non importa l'impegno che ci metti, né quanto sei bravo. A fine progetto continuavano a lavorare solo pochi traduttori "designati", ovvero sempre gli stessi nomi. Un modo chiuso, come per me è ora l'Italia.

Quando sono partita per l'Olanda non avevo nulla, a parte il bagaglio culturale che avrebbe dovuto aiutarmi a trovare un buon lavoro insieme ad una discreta conoscenza  della lingua. Anche se ritardato, il mio progetto di vita poteva finalmente cominciare. L'inizio non è stato facile, il clima faceva schifo e gli olandesi non m'ispiravano molta simpatia. Ma quel poco che ho avuto, l'ho avuto dall'Olanda: tanto per cominciare, un appartamento in cui abitare, che non era il massimo ma costava poco e mi era stato assegnato per via di un piccolo handicap da cui ero afflitta. Dopo poco ho cominciato a ricevere offerte di lavoro e ad affrontare colloqui, cosa per me del tutto nuova. Altro aspetto piacevole ed inaspettato, le proposte romantiche degli uomini, cosa che in Italia (perlomeno a Napoli) non mi capitava da quando avevo superato i 30 anni. Sembrava dunque un buon inizio...

Sono subito entrata nel giro dei call center e ho cominciato a lavorare con esiti mediocri in questo nuovo girone degli accidiosi dell'inferno dantesco, prima al desk e poi come coach e trainer (non pagata). Ho lavorato anche come guida turistica. Sembrava andare bene finché una folle mi ha licenziata. Credo abbia capito che ero brava davvero (almeno quella è l'unica spiegazione che riesco a darmi). Ora cerco lavoro come docente sperando di riuscire a farmi convalidare la laurea italiana che qui non serve a nulla.

In Olanda la recessione economica non esiste: un'infinità di lavori, un sacco di soldi in giro, i prezzi sono gli stessi, i salari (quelli degli olandesi) sempre alti, le statistiche non sembrano cattive. Sì, si sente parlare di crisi, ma forse la cosa riguarda solo le ditte straniere. Quello che so è che io cerco ancora lavoro. Del resto, se la tua azienda ti lascia fuori a 39 anni diventa difficile trovare una nuova occupazione.

Ma non tornerei mai Italia, dove si fa la fame! Al mio paese penso ormai come a un piacevole luogo di vacanza. Però mi manca l'affabilità della gente, la cortesia, mi manca soprattutto quell'essere considerata con rispetto, con simpatia. In Olanda ho spesso la sensazione di essere solo "la straniera". Magari è solo una sensazione.

--The brain drain diaries raccoglie testimonianze reali di italiani all'estero--


photo©mypixbox2010

sabato 11 settembre 2010

Molestie verbali in strada, la rivincita delle donne è solo virtuale

In un episodio della serie Sex and the city, una delle protagoniste è infastidita da un operaio in strada che più volte le rivolge proposte indecenti. Esasperata, gli si avvicina con fare intimidatorio e gli urla in faccia in maniera altrettanto volgare incoraggiandolo a passare all'azione. L'uomo, evidentemente italoamericano, risponde imbarazzato: "Ci vada piano signora, sono sposato". Il più delle volte basta rispondere a tono per mettere in fuga il "macho a parole".

In un paese come il nostro, in cui il mito dello sciupafemmine è duro a morire, non sorprende dover constatare quanto la pratica della molestia verbale sia diffusa. Mi sono sempre e sinceramente chiesta se questi approcci abbiano mai suscitato l'esito sperato, diciamo dalla preistoria in poi. A me sembra che la maggior parte delle donne tenda ad ignorare chi li emette ma per qualcuna la situazione può diventare insostenibile e allora un apprezzamento non gradito può costare la vita al malcapitato.

Almeno così capita nella realtà virtuale. Sembra abbia suscitato polemiche l'uscita di "Hey baby", il videogame in cui un'eroina uccide a sangue freddo chiunque infastidisca le passanti. Tutto è nato dall'ironia di una studentessa canadese che, esasperata dagli uomini che la apostrofavano in metropolitana, ha deciso di vendicarsi ideando un gioco tradizionalmente maschile in cui ai maschi si spara senza esclusione di colpi.
I detrattori del gioco - ovvero coloro che si sono offesi - pongono la questione sul rischio di mettere sullo stesso piano un maldestro complimento, l'attività di uno stalker o peggio ancora uno stupratore. Si può cautamente affermare che ogni donna possieda una discreta capacità di distinguere i commenti, per quanto pesanti (caso in cui il lanciafiamme proposto dal videogame sembra francamente eccessivo) dalle molestie vere e proprie (segue...)